Forse un giorno si penserà che è stato un bel periodo. Sentimenti contrastanti e contrastati. Basta un pensiero, una telefonata, un sorriso o una nuvola e tutto cambia.
Scegliere. Altrimenti qualcuno o qualcosa sceglierà per noi.
Ho pensato a questo pezzo. Un pezzo a me caro. Perchè umano. Perché quando l'ho letto era bello. Perché quando l'ho letto la seconda volta avevo molta rabbia. Perchè Novecento non doveva fare la scelta migliore, doveva solo dare il La ad una Jam nel primo, o nel secondo locale che incontrava.
E poi la solita canzone. Avrei potuto linkare il monologo ma preferisco giustapporre qualcosa che non c'entra niente. Qualcosa ascoltato per caso, passeggiando nottetempo, fumando l'ennesima Winston. E che invece c'entra con tutto in maniera imbarazzante e sembra faccia apposta ad azzeccare anche le inezie.
"C'era tutto/
Ma non c'era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo/
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu/
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me/Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi/
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita/
Se quella tastiera è infinita, allora/
Su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio/
Cristo, ma le vedevi le strade?/
Anche solo le strade, ce n'era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una/
A scegliere una donna/
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire/
Tutto quel mondo/
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce/
E quanto ce n'è/
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla?
A viverla.. ./
lo sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n'erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò. Lasciatemi tornare indietro.
Per favore/
lunedì 15 marzo 2010
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